Giustizia e psicologia. Avvocato e psicologo: un lavoro di squadra per rispettare l’unicità dell’individuo (cliente o paziente)

Teoriaperta propone una nuova integrazione professionale tra l’avvocato e lo psicologo. M.Rosaria Bruno e Antonella Ivaldi raccontano l’idea lanciata dall’Associazione.

Un uomo e una donna si separano ed oltre a lasciarsi alle spalle una lunga storia d’amore, spesso, devono “imparare” a gestire nuovi rapporti con i propri figli. Una situazione che, in Italia, stando ai più recenti dati Istat, si ripete almeno 80 mila volte ogni  anno. E nella maggior parte dei casi la prima figura professionale a cui ci si rivolge è un avvocato.

“Ma come può essere sufficiente il solo sostegno legale, senza un supporto psicologico, emotivo e viceversa  ?” A chiederlo è Antonella Ivaldi, psicoterapeuta e presidente di Teoriaperta, che proprio attraverso la sua associazione vuole promuovere l’integrazione delle competenze e delle professionalità per rispondere a richieste di assistenza complesse con altrettanta, proficua complessità.

A farsi portavoce dell’iniziativa è M.Rosaria Bruno, avvocato e vice presidente di Teoriaperta: “Vorremmo che lo psicoterapeuta fosse accanto all’avvocato già dal primo colloquio con un cliente. Ovviamente-sottolinea Bruno – non per tutte le materie giuridiche. Ma, sicuramente per casi di diritto minorile, diritto di famiglia o di penale”.

Una proposta che s’integra con quanto già accade in molti studi professionali: “quella di un lavoro sinergico tra avvocato e psicoterapeuta – ha aggiunto M.Rosaria Bruno – non è un’idea nuova. La novità è piuttosto nella tempistica dell’intervento. Di solito, accade che sia il paziente dello psicoterapeuta a rivolgersi ad un avvocato per risolvere dei problemi legali. Teoriaperta, invece, vorrebbe lavorare con lo psicoterapeuta sin dal primo colloquio di consulenza legale”.

L’avvocato Bruno mette l accento sulla necessità di collaborazione che sostenga ad es. l’avvocato nell’interagire con l’assistito: “noi avvocati – ha sottolineato – siamo abituati ad un linguaggio tecnico, non siamo in grado di utilizzare un linguaggio che entri in sintonia con i bisogni che ha il nostro assistito ha. Che non sono solo bisogni legali, ma necessità molto più profonde e personali».

Ma cosa si rischia quando il dialogo non funziona? “Il cliente – ha spiegato l’avvocato Bruno – non trova le risposte che stava cercando e così abbandona il suo legale, oppure continua un percorso giuridico che coglie solo alcuni aspetti della questione, mentre altre variabili, magari emotive, premono e intralciano il percorso legale. l’avvocato spesso non capisce il perché di tutto questo. O lo capisce molto dopo, con l’esperienza ”.

Purtroppo la rigida settorializzazione del sapere, la mancanza di dialogo tra varie discipline produce disorientamento tra le persone e dispersione di risorse “è nell’immaginario collettivo ormai – ha spiegato la dottoressa Ivaldi – la scissione tra i diversi aspetti della nostra vita, tra i nostri bisogni. Una scissione culturale che, radicatasi nel tempo, ora appare difficile da contrastare.

Per avviare questo cambiamento si potrebbe cominciare dai professionisti: “Teoriaperta – ha concluso la presidente Ivaldi – vuole promuovere l’unicità dell’essere umano, unicità individuale che qualunque professionista deve tenere presente nel momento in cui una persona si accomoda nel suo studio, cliente o paziente che sia”.

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Giustizia e psicologia. Con l’avvocato e lo psicologo il lavoro è di squadra

 

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